Le startup innovative italiane, a differenza di quanto accade all'estero, sentono molto in anticipo la necessita' di sedersi con un avvocato per analizzare temi regolamentari.
Provo ad elencare 5 "grandi classici" tra i paletti che incontrano, sono tutti punti su cui si dovrebbe intervenire perche' per una società che decide di affrontarli, altre avranno deciso di iniziare l'attività in altri Stati UE dove il problema non esiste:
- Registrazione utenti: un servizio online ha bisogno di utenti ma l'accettazione di termini e condizioni particolarmente complessi e di privacy policy che riguardano dati sensibili non si puo' fare completamente online in mancanza di firma digitale (poco diffusa e complessa da utilizzare)... serve la prova scritta. La prossima introduzione dell'identita' digitale risolvera'? Non si tratta di un sostituto della firma ma, almeno, l'accesso ai siti potra' avvenire su basi certe...
- Intermediazione commerciale: i servizi che prevedono di guadagnare una commissione mettendo in contatto due parti (es. un compratore e un venditore) sono servizi di intermediazione commerciale... occorre iscriversi in appositi albi, frequentare corsi abilitanti, ecc. I tempi lunghi ed i costi di abilitazione sono impraticabili per una startup appena costituita;
- Privacy: la necessita' di esprimere un consenso articolato e granulare (distinte approvazioni di ogni singolo aspetto) rende i processi di registrazione sui siti italiani macchinosi e lenti rispetto alla concorrenza europea... che pure rispetta le medesime direttive privacy senza prevedere nulla di simile; ciò ha impatto sugli investimenti che riesce ad attrarre una startup a livello nazionale/internazionale;
- Agenzie lavoro: se la startup intende prestare servizi che abbiano a che fare con il "lavoro" di persone (mettere in contatto chi cerca/trova un certo lavoro, pubblicare annunci, raccogliere profili di persone disposte ad offrirsi per un certo lavoro, ecc.) è probabile che rientri nell'obbligo di conseguire una "agenzia per il lavoro". I requisiti sono enormi in termine di capitale sociale minimo, dipendenti con esperienza, strutture, dotazioni ed impegni di apertura "al pubblico". Anche in questo caso gli altri Paesi UE non hanno simili vincoli.
- Trasporti: sono noti alle cronache i diverbi tra tassisti ed una serie di applicazioni per il trasporto di persone (carpooling) a Milano e altrove. Io credo che il problema non siano le attivita' di tassisti e delle societa' innovative ma il fatto che non esistono chiare distinzioni a livello di disciplina tra quello che deve fare (e garantire) un tassista e quello che puo' fare chi offre servizi di NCC o, ancora, di car pooling. Le norme attuali sono obsolete e sono andate in crisi a causa del modello degli smartphone. E' ora di riscriverle senza pretesa di favorire ne' l'uno, ne' l'altro contendente... entrambi devono poter esistere offrendo servizi diversificati. In UK e Francia, ad esempio, simili problemi sono da tempo stati risolti.
*disclaimer: alcuni casi menzionati sono tratti da esperienze in casi che ho seguito in passato o sto seguendo. Ho cercato comunque di essere il piu' obiettivo possibile con l'obiettivo di testimoniare, piu' che altro, il disagio delle startup di fronte a regole in genere obsolete che impediscono di avviare il proprio modello di business con la stessa facilita' con cui la stessa attivita' verrebbe avviata nei principali Stati UE.
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