Eccomi di nuovo. Sono stato per qualche tempo assente, causa la scrittura di un importante lavoro che verrà pubblicato su Diritto dell'Informazione e dell'Informatica (e causa anche inevitabili impegni professionali).
Vorrei riprendere le fila dei troppi thread che sono rimasti "orfani".
Il primo spunto, per assonanza, puo' essere offerto dalla consultazione dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sulle quote di diritti televisivi residuali (http://www.agcom.it/provv/d_164_06_CSP/d_164_06_CSP.htm) detta, per l'appunto, "consultazione sui diritti orfani".
Quale il problema?
Le nuove piattaforme offrono tali e tante possibilità di trasmettere contenuti ma è estremamente difficile sfruttarle appieno.
In particolare quando si parla di "coda lunga" (long tail), come descritta su "Wired" da Anderson http://www.wired.com/wired/archive/12.10/tail.html
Per chi mi taccia, per carità simpaticamente, di parlar difficile, esplico: sui nuovi mezzi di diffusione e comunicazione non ci sono limiti al numero di canali o alle frequenze disponibili, quindi trovano posto anche i contenuti che non sono esattamente ai primi posti della classifica, quelli che non ti andresti a cercare apposta (la coda lunga). Questi ultimi possono soddisfare ristrette cerchie di appassionati oppure essere venduti perche' "suggeriti" quando compri qualcosa di estremamente noto. Hanno comunque un mercato a condizione che non vi siano costi proibitivi per il loro stoccaggio e marketing.
In questo senso, i diritti "orfani", quelli che non si riesce piu' a capire di chi sono (perche' hanno troppi o troppo pochi proprietari), possono essere utili a costruire la "coda lunga" nostrana.
A monte pero', a mio modesto avviso, occorre modificare per quanto necessario la normativa sul diritto d'autore.
Come ho già detto a voce ad alcuni amici e sostenuto in alcuni scritti, il sistema definitorio della Legge sul Diritto d'Autore non è adeguato.
Non abbiamo una definizione soddisfacente di audiovisivo: si fa riferimento ad "immagini in movimento" (vengono in mente le sentenze della Cassazione che individuavano i videogiochi attraverso questo criterio e li assimilavano ad opera cinematografica...).
Insomma, il mondo si è evoluto rispetto al 1941, anno in cui è stata approvata la legge sul diritto d'autore; si è evoluto anche rispetto agli anni '80-'90, in cui il software ha fatto la sua comparsa nella stessa legge. Questo e' il secondo spunto per il blog.
A questo si collega il terzo spunto: ha senso introdurre DRM (Digital Rights Management), con associate TPM (misure tecnologiche di protezione), sempre più evolute quando, le regole giuridiche che questi strumenti della tecnica dovrebbero far rispettare sono ferme al periodo bellico (stavo per dire all'anteguerra...)?
Steve Jobs propone, provocatoriamente, con un articolo sul sito di Apple di lasciare proprio perdere il DRM e Leonardo Chiariglione, che dei DRM è uno scienziato, va su tutte le furie. E' uno scambio in lingua inglese ma è molto interessante.
http://www.apple.com/hotnews/thoughtsonmusic/
http://www.chiariglione.org/contrib/060209chiariglione01.htm
Il quarto spunto è il tema dei format: è in atto una vera e propria guerra. Chi commercia format ne sostiene la assoluta tutelabilità (fa il proprio mestiere, ovviamente), mentre la situazione reale, giuridica ed economica è più complessa. Rimando, per adesso all'articolo prelevabile dal blog e, appena pubblicato, all'articolo su Diritto dell'Informazione e dell'Informatica. Successivamente dibatteremo.
Mi sembra tutto per adesso.
A presto,
Eugenio
Intervengo sul primo spunto.
Mi pare che la questione dei diritti per piattaforma sia tra le più urgenti da affrontare. In particolare, nel documentio di consultazione l'Agcom chiede (punto 4) "Come avviene la negoziazione dei diritti per la distribuzione di un’opera audiovisiva su piattaforme diverse da quella/e su cui è prevista la prima diffusione dell’opera."
Andrebbe in primo luogo favorita la trasmissione del contenuto su tutte le piattaforme, impedendo a chi non ha accesso a determinate piattaforme di cederne i diritti ad altri soggetti. Di più, credo che vada superata anche l'esclusiva per una singola piattaforma. Questione sostenibile quando le singole piattaforme sono caratterizzate da una struttura monopolistica o oligopolistica (satellite e terrestre) ma irrazionale e antieconomica in un ambiente caratterizzato da un pluralismo dell'offerta come il Web e, potenzialmente, l'Iptv. Per le piattaforme Internet, insomma, più che l'esclusiva sarebbe meglio il modelli del revenue sharing. Il fornitore di contenuti massimizzerebbe così la propria distribuzione, mentre la competizione tra operatori avverrebbe sulla qualità del servizio.
Il vantaggio competitivo di ciascun operatore, più che sul monopolio di determinati contenuti, si fonderebbe sulla capacità di valorizzare l'esperienza (interattiva) del consumatore.
Posted by: robert castrucci | February 22, 2007 at 11:43 AM