Notizia dal blog di Quinta: la Corte di Giustizia europea starebbe per emettere una raccomandazione che invita a non utilizzare IP di privati ed altri dati personali in casi civili riguardanti proprietà intellettuale. Il link alla notizia e' a: http://www.forbes.com/feeds/ap/2007/07/18/ap3927736.html
Pertanto, la riservatezza dei dati personali e' stata reputata (!) un valore superiore alla protezione dell'interesse economico alla retribuzione dell'opera dell'ingegno.
Ciò non vale in caso di fattispecie penale, ma non vuol neanche dire che uno possa fare giustizia privata.
Sembrerebbero (altre) brutte notizie per chi voleva già emulare il fantomatico Peppermint Jam (ma voi avete dischi della Peppermint Jam? Io non l'avevo mai sentita prima che balzasse agli onori delle cronache giudiziarie!).
Vedremo come andrà a finire.
Ciao,
E.
Allora avevo capito bene :-)
"Ciò non vale in caso di fattispecie penale, ma non vuol neanche dire che uno possa fare giustizia privata".
Ci mancherebbe anche questo...
Comunque la Peppermint Jam annovera tra i suoi artisti nomi tutt'altro che sconosciuti...
Posted by: Dario | July 19, 2007 at 11:52 PM
ciao Eugenio, la notizia di per sè è bella ed importante, bella perchè viene anteposta la persona al business, importante perchè condizionerà, immagino, lo sviluppo giuridico sulla materia. Mi chiedo però se ciò non comporti automaticamente una sorta di impunità ufficializzata per gli utenti che, non a fini di lucro e quindi al di fuori dell'ambito penale, praticano il p2p selvaggio.
Se così fosse, si avrebbe come conseguenza un potenziale aumento della pratica illecita, ovvero allargata a quegli utenti che ad oggi sono in qualche maniera frenati dal timore di essere beccati.
L'impunibilità abbinata all'allargamento dell'illecito comporterebbe come conseguenza negativa, il percepire molto più giustificata la pretesa (finora scongiurata) degli stakeholder dell'editoria multimediale di estendere il cosiddetto equo compenso anche alle connessioni a larga banda.
E questa non sarebbe una cosa buona.
Che ne pensi?
ciao,
G
Posted by: Guido Tripaldi | July 25, 2007 at 03:30 PM
Guido,
non mi sembra cosi' disastroso.
Quello che si vuole impedire (e che peraltro vuole impedire anche la Direttiva IPRED2 se approvata) e' la "giustizia privata".
Mi spiego meglio: se un soggetto fa le indagini da solo, con metodi di sua propria invenzione, e pretende di ottenere (o usare) dati personali con l'autorizzazione di un giudice a seguito di quelle indagini, e' in quel caso che le Corti devono andarci piano.
Diverso e' il caso in cui le indagini siano fatte da polizia e altri organi ufficiali con tecniche verificabili.
Altro punto e' il fatto di denunciare solo i soggetti che si rifiutano di pagare.
Tale pratica, diffusa in USA, non sembra accettabile in Europa.
Non credo che limitare queste pratiche porti all'illegalita', anzi.
Quello che ho potuto notare in questi mesi e' che molti "illegali" sembrano saliti sul carro (legittimo) di chi contesta l'eccesso di rigore.
Come in tutte le cose, occorre equilibrio a mio parere.
Se vuoi parliamone ancora.
Ciao,
E.
Posted by: eugenio prosperetti | August 20, 2007 at 10:05 PM
Ciao Eugenio, io dischi della Peppermint li ho pure comprati :).
Sono d'accordo con te riguardo la 'giustizia privata'. Trovo interessante lo spunto di Guido sull'equo compenso per le connessioni a banda larga.
Mi chiedo: con tutti i metodi elettronici di condividere musica (non solo il p2p) non si crea un circolo positivo che porta beneficio alle label? Io cerco musica su siti specializzati, blog, online store, myspace, radio in streaming e - perchè no - anche col p2p. Mi faccio un'idea di quello che ascolto e se mi piace lo compro. Non credo però che sia questo il pensiero delle case discografiche.
Paolo
Posted by: Paolo | August 25, 2007 at 12:10 AM
Paolo pone due osservazioni, la prima mi costringe a entrare nel tecnico (rispondo cosi' anche alla seconda parte del post di Guido).
Dalle mie ricerche, mi risulta che le proposte che prevedono l'equo compenso sulle connessioni a banda larga si scontrano con un ostacolo giuridico molto serio che le rende impraticabili, sia che le si voglia oppure no.
Cerchero' di spiegarlo in maniera piu' semplice possibile.
Poiche' l'equo compenso dovrebbe "pagare" il materiale scaricato, questo materiale dovrebbe costituire una eccezione alle normali regole di diritto d'autore.
Secondo le Direttive Comunitarie vigenti, tuttavia, perche' si possa derogare al diritto d'autore occorre rispettare tre criteri: (a) limitazione ai soli casi espressamente previsti dalle legge; (b) evitare contrasti con il normale sfruttamento dell’opera (gli autori devono essere compensati nella misura di legge); (c) evitare pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto.
In particolare, il criterio (b) e' molto difficile da rispettare consentendo a un numero imprecisato di copie di essere immesso sul mercato tramite equo compenso (una addizionale sulle connessioni a larga banda che consenta di scaricare tutto).
Molti sono al lavoro per cercare una soluzione ma, probabilmente, serve una modifica a livello comunitario per percorrere qeusta via oppure, la strada e' radicalmente diversa.
Questo non vuol dire che si possa spianare ai "casi Peppermint" (uso questo termine in senso figurato).
Le Direttive sulla tutela della proprieta' intellettuale (2004/48/CE e la futura IPRED2), secondo la dottrina giuridica, non possono essere utilizzate per giustificare indagini private su usi non commerciali e, soprattutto, per richiedere dati a soggetti che non sono i diretti autori della violazione.
Per condividere musica, a fini "promozionali", come propone Paolo, la mia idea e' un percorso di licenze aperte (Creative Commons e altre forme ancora da redigere) da utilizzare in combinazione con particolari formati di file.
Posted by: eugenio prosperetti | August 25, 2007 at 01:14 PM