E' uscita la storica e attesa sentenza Sabam Scarlett sella Corte di Giustizia. cerco in poche righe di spiegarla. La sentenza esclude la possibilità di imporre ad un ISP (chi porta i dati senza conoscerli) l'obbligo di guardare preventivamente i contenuti dei pacchetti di dati che porta alla ricerca di qualcosa che sia vietato dal diritto d'autore (filtraggio). Non riguarda affatto le attività dei siti che ospitano attivamente e consapevolmente contenuti protetti dal diritto d'autore. Afferma anzi che e' lecito inibire questi contenuti se ci sono servizi che li usano in violazione dei diritti perche' questo prevedono le direttive. I due concetti fondamentali sono questi e credo sia importante averli chiari.
Addendum: ho potuto meglio esaminare la sentenza e no tratto ulteriori considerazioni, che ho postato anche sul blog di Stefano Quintarelli e qui riporto ad ulteriore chiarimento:
Credo sia molto importante ragionare sul dato testuale della sentenza, stando alla larga dagli articoli di giornale (ovviamente non mi riferisco all'ottimo commento di Inno).
La sentenza esclude l'obbligo la legittimità' di un ingiunzione all'ISP a "predisporre un sistema di filtraggio:
– di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi «peer-to-peer»;
– che si applica indistintamente a tutta la sua clientela;
– a titolo preventivo;
– a sue spese esclusive, e
– senza limiti nel tempo,
idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d’autore."
Nulla più' e nulla meno.
Un filtraggio mirato, a spese dei titolari, limitato nel tempo, parrebbe cosi' lecito per questa sentenza.
Mi sembra cioè' che il filtraggio, per essere illecito ai sensi della sentenza Scarlet Extended, debba essere tale da esaminare tutte le comunicazioni in transito da parte di tutti gli utenti senza un preciso criterio, senza sapere dove cercare (la sentenza parla di "analisi sistematica di tutti i contenuti").
Una forma meno invasiva non è, di per sé illecita e dunque la sentenza dichiara la fine solo delle forme più estreme ed inaccettabili di filtraggio.
Credo che il dibattito sia dunque destinato a continuare.
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