via www.medialaws.eu
Un mio articolo (da Medialaws) sull'appello Viacom/Youtube, di cui ho già' parlato sul blog
via www.medialaws.eu
Un mio articolo (da Medialaws) sull'appello Viacom/Youtube, di cui ho già' parlato sul blog
Approfitto della domenica di pioggia per scrivere un minimo pensiero su quello che, a mio avviso, si sarebbe potuto fare in materia di diritto d'autore (e si potrebbe ancora fare) per trovare una soluzione equilibrata ma non penalizzante e limitativa delle dinamiche della rete.
Il tema e' cosa si puo' fare con gli attuali poteri AGCOM che sono, come ormai noto, rivolti a prevenire le violazioni e non includono la repressione e sanzione.
In caso di segnalazioni di presuente violazioni da parte di qualcuno che dimostri di essere il titolare di un diritto su quel particolare formato per quella particolare forma di circolazione web/internet (questi due requisiti sono molto importanti), AGCOM potrebbe valutare i documenti forniti e, se la segnalazione sembra fondata, richiedere all'ISP di ottenere dal proprio utente giustificazioni ed elementi su quanto viene lamentato dal titolare dei diritti, da presentarsi entro un certo termine. Magari, si potrebbe prevedere una minima fee di procedimento a carico dei due (titolare e segnalato) per poter scambiare memorie in contraddittorio, giusto per evitare che "ci si provi".
Sulla base di questi elementi, AGCOM potrebbe formulare una sua raccomandazione/valutazione del caso, e fermarsi la, tenendo il caso (inclusa l'identita' del segnalato) a disposizione di un eventuale giudice, senza rivelarne l'identita' al titolare dei diritti.
Se, sulla base degli elementi raccolti, il titolare dei diritti decide sia opportuno andare avanti, il giudice potra' richiedere la trasmissione del fascicolo, trovandosi grande parte dell'istruttoria gia' svolta (ovviamente valutare se ripetere qualcosa, altrimenti procedere sulla base degli elementi forniti da AGCOM).
In questo modo, per l'idea che mi sono fatto:
- la pirateria occasionale potrebbe essere scoraggiata dalla richiesta di fornire documentazione ad AGCOM (ovviamente gli utenti di accesso andrebbero esclusi dal regime, che si applicherebbe comunque solo ai siti che mettono a disposizione materiale) e in questo senso la rimozione spontanea potrebbe estinguere tutto;
- le utilizzazioni diverse dalla pirateria e legittime troverebbero modo di essere giustificate e difese in contraddittorio;
- la privacy verrebbe tutelata, in quanto solo il giudice ed AGCOM conoscono l'identita' del presunto autore della violazione nel corso degli accertamenti;
. AGCOM utilizzerebbe comunque il proprio potere in forma preventiva;
- si eviterebbe il corto circuito tra decisioni AGCOM in materia di diritto d'autore (queste sarebbero raccomandazioni) e TAR, ricordo che per impugnare una decisione AGCOM al TAR c'e' un contributo unificato di 4000 Euro.
Tuttavia, temo che, per la piega che ha preso il dibattito occorrera' sperare nella prossima composizione dell'Autorita' per azzerare la corrente delibera e riprendere su nuove basi, di proporzionalita' ed efficacia, il discorso relativo alla distribuzione dei contenuti digitali.
Ad un sistema come quello appena descritto, si dovranno pero' anche accompagnare meccanismi che spieghino come il contenuto digitale possa acquisire quelle proprieta' che ha il contenuto tradizionale in merito all'essere identificabile, prestabile, trasferibile da persona a persona e da luogo a luogo, frazionabile, ecc. senza lesione del diritto d'autore.
Volentieri ho aderito alla campagna di Vogliamotrasparenza.it per le nomine delle prossime Autorità indipendenti.
Pubblico dunque a lato del blog il banner del sito e in questo post pubblico la lettera/manifesto della campagna, da rendere nota a tutti i decisori:
"Nei prossimi giorni il Parlamento ed il Governo sono chiamati a nominare i nuovi membri del Garante della privacy, dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e del Consiglio di Amministrazione della Rai.
Spetterà a tali soggetti, negli anni che verranno, tra l’altro, garantire ai cittadini ed ai media un’effettiva libertà di informazione nella sua duplice accezione di libertà di informare e libertà di essere informati, nonché, assicurare l’indipendenza e la pluralità dei media.
Sono consapevole che negli ultimi decenni tali nomine sono spesso avvenute lontano dallo sguardo dei cittadini e al riparo dall’attenzione dei media e che tale prassi ha compromesso l’indipendenza dei media dagli interessi, siano essi politici, economici o di altra natura.
Affinché ciò non si ripeta è necessario selezionare tali cariche in modo trasparente, sulla base di criteri di merito, competenza e indipendenza.
Nella convinzione di ciò, mi impegno: a promuovere un dibattito pubblico e aperto sui candidati, a rendere immediatamente noti ai media i nomi dei candidati sui quali sarò chiamato ad esprimere preferenza ed a condividere con cittadini ed opinione pubblica ogni informazione relativa alle dinamiche di selezione di tali candidati della quale dovessi venire in possesso nell’esercizio della mia attività istituzionale.
Mi impegno inoltre a porre in essere ogni iniziativa utile affinché il dibattito sulle nomine dei candidati – quale che sia la sede nella quale esso dovesse svolgersi – sia reso pubblico attraverso adeguata copertura mediatica ed sostenere esclusivamente candidati che, a loro volta, si impegnino a tenere, nell’ipotesi di loro nomina, una condotta trasparente ed a garantire massima pubblicità ai procedimenti che si troveranno a gestire nell’esercizio delle loro funzioni."
In questi giorni colleghi ed amici mi chiedono cosa penso della vittoria in appello di Viacom nei confronti di Youtube ( Scarica Viacom youtube appeal).
Premetto che si tratta di una sentenza di notevole impatto su una questione dove, a mio parere, non tutto si risolve sul piano normativo. Ho messo insieme alcuni primissimi commenti, con riserva di meglio approfondirli man mano che studio le carte del caso.
La prima considerazione e' che e' inevitabile pensare che l'interpretazione di norme, nate quando certe potenzialita' della tecnologia non erano pensabili (il, pur moderno, Digital Millennium Copyright Act nasce quando l'ADSL era solo teoria) si coniuga con il modo di intendere la realta' dell'interprete e, d'altre parte, nell'ordinamento USA il giudice crea la "case law" che e' una delle fonti del diritto e fa stato per le future decisioni.
Il giudice del caso Viacom/Youtube e' dunque chiamato a creare la norma del copyright digitale e cio' che esce da questo caso dovra' essere tenuto in debito conto.
Non a caso il sito Viacom dedica al caso una intera sezione. Questa sezione non proclama ancora la totale vittoria: l'appello infatti infrange le certezze di Google ma non chiarisce ancora quale sara' la norma del futuro rimettendo il tutto ad un altro giudice.
Viacom ha vinto, per ora, su uno specifico punto: Google/YT aveva sostenuto, in primo grado, che il solo fatto di sapere che su Youtube viene violato il diritto d'autore non e' sufficiente a sapere dove e come. Non e' cioe' una segnalazione c.d. "red flag" che rende YT corresponsabile della violazione ed in grado di prevenirla.
Viacom ha argomentato che gli stessi consulenti di Google hanno inviato rapporti che dimostrerebbero che solo il 10% di quel che e' su YT (stando a quel che si legge nella decisione) e' in regola con ogni prescrizione del copyright.
La Corte inoltre sembra ritenere troppo "brusco" il passaggio di YT dalla totale incapacita' di prevenire la violazione del diritto, in mancanza di indicazioni, alla rapida ed efficace azione, non appena una indicazione di URL viene fornita. Sembrerebbe mancare uno strumento "intermedio" che, pure, appare ragionevole (controlli a campione, ecc.). Insomma, di fronte a una situazione di consapevolezza della violazione, quello della sola attesa di puntuali segnalazioni non sembra essere l'unico atteggiamento possibile.
Ora, per quel che so io, YT ha un sistema di filtri preventivi e dovrebbe aver fatto valere questo ma, a quanto pare, la Corte ha ritenuto che, ugualmente, una giuria potrebbe ragionevolmente attendersi di piu' in termini di prevenzione. Questo lo dovro' vedere specificamente al di la' di questi primi commenti "a caldo".
Questo tipo di principio sembrerebbe essere in contrasto con quello EU di SABAM/Scarlet.
Tuttavia, SABAM/Scarlet (e la successiva SABAM/Netlog) hanno stabilito che un obbligo generalizzato non puo' essere posto a carico dell'ISP (YT e' un'ISP?) a tempo indeterminato e con costi a carico dell'ISP e con oggetto indeterminato. Tolte queste tre condizioni, l'obbligo ci puo' essere.
Dunque, YT puo', anche per la giurisprudenza EU, a pagamento e con precisi parametri di ricerca (piu' ampi dell'URL) garantire tutela dei contenuti dagli upload indiscriminati.
Non mi pare che questo sia porre censura di sorta in quanto si potrebbe (e si dovrebbe) utilizzare, nell'ambito dell'upload, un formulario che consente di dichiarare, sotto propria responsabilita' che il contenuto e' sotto una delle eccezioni del diritto d'autore o sotto Creative Commons e, pertanto, puo' essere caricato. Questo pero' lo dovrebbero poter fare gli utenti identificati o identificabili, magari con regime di anonimato protetto. Ma questo e' un altro discorso...
In sostanza, a mio parere, se non si affrontano allo stesso tempo, in qualche modo il tema dell'identita' in Internet (abbinando profili e sistemi di pagamento o in altro modo) e il tema delle libere utilizzazioni che devono essere garantite e riconosciute (ed anche ampliate) non e' possibile uscire dal ginepraio del diritto d'autore digitale.
aggiorno quanto riportato aggiungendo che l'ordine di inibizione e' stato successivamente trasformato nell'ordine di esporre, all'apertura del sito, una comunicazione di AGCM.
Intanto solo un breve quanto ovvio commento: la dispersione tra Facebook, Twitter e tra i molti portali a cui collaboro, unita alla naturale prevalenza dell'attivita' professionale ed accademica causa discontinuita' del blog. Mi dispiace. Cerchero' nei prossimi giorni di ricucire i pezzi linkando tutti i vari pezzi di attivita' che sono andati in giro per la rete.
LE NORME DOVRANNO ESSERE RATIFICATE DALL'EUROPARLAMENTO
via www.corriere.it
Leggo l'articolo in questione del Corriere della Sera.
Ultimamente sulla stampa quando si parla di lotta alla pirateria noto una certa tendenza a descrivere qualsiasi provvedimento come l'Armageddon.
Anche in questo caso le cose sono molto piu' complesse di come rappresenta il quotidiano.
La norma cui si fa riferimento e' questa: "ARTICLE 2.4: INFORMATION RELATED TO INFRINGEMENT
Without prejudice to its domestic law that governs the protection of confidentiality of information sources, the processing of personal data, or privilege, each Party shall provide that in civil judicial proceedings concerning the enforcement of intellectual property rights, its judicial authorities shall have the authority upon a justified request of the right holder, to order the infringer, or in the alternative, the alleged infringer to provide, at least for the purpose of collecting evidence, relevant information as provided in its applicable laws and regulations that the infringer or alleged infringer possesses or controls, to the right holder or to the judicial authorities. Such information may include information regarding any person or persons involved in any aspect of the infringement and regarding the means of production or distribution channel of such goods or services, including the identification of third persons involved in the production and distribution of the infringing goods or services or in their channels of distribution.".
Dunque, l'Unione Europea dovra' emanare una Direttiva, da attuarsi nei vari Stati affinche', nel rispetto delle varie norme esistenti (privacy e commercio elettronico) sia possibile per i titolari dei diritti richiedere al giudice (non direttamente al provider) di farsi rilasciare, come prova (non per azione diretta quindi) dall'autore della violazione o presunto tale informazioni circa chi abbia contribuito alla violazione.
La richiesta deve essere motivata ed effettuata nel corso di un procedimento giudiziario (con relativi tempi e costi) e comunque occorrera' provare di essere titolari e occorrera' provare che vi sia una violazione, una mail non basta di sicuro.
Il fatto che si indichi che le informazioni si usano come prova, indica comunque che esse devono essere inserite in un successivo procedimento con tutte le garanzie.
La richiesta inoltre mi sembra che non abbia nulla di automatico. Deve essere esaminata e puo' essere negata.
L'articolo da l'impressione che vi saranno a brevissimo per via dell'ACTA richieste automatiche ed obbligatorie al provider ma non mi pare che l'ACTA abbia previsto questo meccanismo o che sia scontato che l'applicazione sara' in questo senso.
Racconto qualche storia realmente accaduta ad alcuni colleghi in questi giorni alle prese con il processo telematico civile e con il deposito telematico obbligatorio degli atti nei processi amministrativi.
Il primo collega mi ha raccontato che doveva depositare un ricorso con il Processo Civile Telematico presso un Tribunale che accetta questo tipo di deposito.
Aveva preparato l'atto da depositare con il software "redattore" ufficiale scaricato il giorno stesso dal sito del Ministero della Giustizia, pagina del processo civile telematico. Il software assembla l'atto, gli allegati e i vari moduli occorrenti in un particolare messaggio email chiamato "busta telematica" e consente di apporre le firme digitali dove occorre.
Previamente era stato mezza giornata con Acrobat Professional a lavorare sulla compressione dei vari pdf del ricorso ed allegati, in quanto la busta telematica non deve superare i 10 Mb (consigliati 7 Mb perche' occorre tenere conto dei codici delle varie firme digitali).
Grazie alle funzioni di ottimizzazione (inclusa la c.d. "compressione bicubica" di cui prima ignorava l'esistenza) era riuscito a ridurre il peso di un temibile pdf da 4.2, dimezzandolo e aveva limato anche gli altri mantenendo un livello di leggibilita' per il giudice che, da test effettuati sui colleghi di studio, veniva giudicato soddisfacente.
Il passo successivo era stato di impiegare circa 2 giorni per ottenere dal proprio fornitore di firma digitale le notizie necessarie ad installare gli ultimi aggiornamenti della propria firma digitale , utili a renderla compatibile con il processo telematico (n.b. per tutti gli altri servizi la firma funziona perfettamente). Un giorno per capire dal punto di accesso al processo telematico quali fossero e un giorno per farseli indicare dal provider di firma e farsi fornire le istruzioni di installazione (5 file da installare in punti diversi del sistema operativo).
Infine aveva inviato la busta al "punto d'accesso al proccesso telematico" (il soggetto che si incarica di ricevere i ricorsi e smistarli ai vari tribunali).
Il punto d'accesso la aveva rifiutata. Ulteriori chiarimenti avevano consentito di stabilire che il problema era che la busta era redatta con il software ufficiale del Ministero della Giustizia e questo, secondo il punto d'accesso, non era realizzato a norma di legge. Occorreva pertanto usare il servizio on-line del punto d'accesso.
Il servizio on-line del punto d'accesso prevede in effetti una "console" java per comporre le buste telematiche. Il collega mi racconta quindi che provava ad accedervi solo per scoprire che non era disponibile per aggiornamenti e non lo sarebbe stata per alcuni giorni. Il consiglio del punto di accesso era.. di utilizzare un redattore esterno (come, appunto, quello "illegale" del Ministero...) oppure uno dei software a pagamento disponibili sul mercato.
L'attesa del ritorno online della console del punto di accesso (che pero' doveva essere utilizzata firmando manualmente a causa della firma digitale, fornita da un provider diverso dal punto di accesso medesimo) consentiva infine al mio collega di depositare dopo qualche giorno. Totale 14 giorni per depositare un ricorso.
L'epilogo della storia e' che il ricorso e' stato depositato, impiegandoci molto tempo e con complicazioni molto simili a quelle che avvengono nel deposito dei ricorsi ordinari. Il dubbio che ha il mio collega e' che si siano escluse con troppa fretta le specifiche della busta telematica ancora adottate dalla maggior parte dei software in circolazione, incluso quello ministeriale e non vi sia sufficiente supporto per chi ha firme digitali fornire da provider terzi, con il risultato di minare l'efficienza del processo telematico rimandando a burocrazie informatiche.
Ci si sentira' dire "ha fatto l'aggiornamento secondo la specifica"? invece di "ha preso il modulo allo sportello"?
Un altro collega mi riferisce una storia simile a proposito dei depositi, da poco obbligatori, degli atti dei ricorsi amministrativi via PEC. Qualunque atto di un ricorso amministrativo deve essere anche depositato via PEC, altrimenti il ricorso diventa improcedibile.
Il collega aveva da depositare una vecchia planimetria in un formato molto grande.
Il limite di ciascun documento depositabile sono 30 Mb.
Per ridurre la planimetria in questione a 30 Mb ci sono voluti 3 giorni di lavoro di un team di specialisti che hanno utilizzato evoluti software e scanner specifici. Il risultato e' praticamente inservibile in quanto la definizione non e' certamente ottimale. Perche' non e' stato previsto il deposito su DVD come alternativo al deposito via PEC per particolari categorie di documenti?
Il deposito PEC deve poi essere effettuato in maniera molto rigida, compilando un modello pdf il cui nome e' fisso (e non si deve cambiare) che deve essere spedito ad indirizzi PEC che cambiano a seconda dell'ufficio dove si deve depositare e la validita' del deposito e' condizionata a come si compila il pdf di deposito. Anche qui il sistema replica le rigidita' della burocrazia cartacea duplicandole per via informatica e non porta reali vantaggi. E' solo un adempimento in piu', non del tutto alla portata di quegli avvocati che non hanno reale dimestichezza con le tecnologie.
Avrebbe senso se questi adempimenti portassero il vantaggio di vedere i documenti delle difese avversarie disponibili tempestivamente in forma elettronica, senza dover produrre infinite copie da depositare e notificare.
Sarebbe bello se, visti i depositi telematici, vi fosse un fascicolo d'ufficio consultabile anche telematicamente.
Sarebbe ancora piu' bello se si unificassero le procedure telematiche: se il sistema di deposito del processo telematico fosse adottato anche dai tribunali amministrativi, che invece se ne stanno facendo uno autonomo e diverso, replicando la diversita' delle procedure.
Se le cose stanno cosi', forse l'informatizzazione non serve o comunque non raggiunge il fine di semplificare e snellire.
In un previo intervento avevo espresso perplessità sull'opportunità di un Ministro per Internet senza portafoglio. I temi di Internet sono legali a doppio filo con gli investimenti sullo sviluppo, con i temi dell'efficienza della P.A., con la gestione delle politiche culturali, ecc. Devono essere gestiti da chi ha il portafoglio su queste materie.
Ben altro e' il discorso che riguarda la possibile nomina di un sottosegretario all'Agenda Digitale. Se una persona competente, un tecnico, fosse nominato in quel posto potrebbe monitorare, all'interno delle competenze del Ministero dello Sviluppo Economico, l'attuazione delle misure UE per l'Agenda Digitale facendo da utile raccordo al Ministero dello Sviluppo ed agli altri Ministeri coinvolti. Credo che sarebbe un punto di riferimento indispensabile. Dovrebbe però essere un tecnico particolarmente qualificato sui punti oggetto dell'Agenda Digitale.
E' uscita la storica e attesa sentenza Sabam Scarlett sella Corte di Giustizia. cerco in poche righe di spiegarla. La sentenza esclude la possibilità di imporre ad un ISP (chi porta i dati senza conoscerli) l'obbligo di guardare preventivamente i contenuti dei pacchetti di dati che porta alla ricerca di qualcosa che sia vietato dal diritto d'autore (filtraggio). Non riguarda affatto le attività dei siti che ospitano attivamente e consapevolmente contenuti protetti dal diritto d'autore. Afferma anzi che e' lecito inibire questi contenuti se ci sono servizi che li usano in violazione dei diritti perche' questo prevedono le direttive. I due concetti fondamentali sono questi e credo sia importante averli chiari.
Addendum: ho potuto meglio esaminare la sentenza e no tratto ulteriori considerazioni, che ho postato anche sul blog di Stefano Quintarelli e qui riporto ad ulteriore chiarimento:
Credo sia molto importante ragionare sul dato testuale della sentenza, stando alla larga dagli articoli di giornale (ovviamente non mi riferisco all'ottimo commento di Inno).
La sentenza esclude l'obbligo la legittimità' di un ingiunzione all'ISP a "predisporre un sistema di filtraggio:
– di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi «peer-to-peer»;
– che si applica indistintamente a tutta la sua clientela;
– a titolo preventivo;
– a sue spese esclusive, e
– senza limiti nel tempo,
idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d’autore."
Nulla più' e nulla meno.
Un filtraggio mirato, a spese dei titolari, limitato nel tempo, parrebbe cosi' lecito per questa sentenza.
Mi sembra cioè' che il filtraggio, per essere illecito ai sensi della sentenza Scarlet Extended, debba essere tale da esaminare tutte le comunicazioni in transito da parte di tutti gli utenti senza un preciso criterio, senza sapere dove cercare (la sentenza parla di "analisi sistematica di tutti i contenuti").
Una forma meno invasiva non è, di per sé illecita e dunque la sentenza dichiara la fine solo delle forme più estreme ed inaccettabili di filtraggio.
Credo che il dibattito sia dunque destinato a continuare.
Lawyer specializing in IT, Internet, Copyright and Media. Lecturer in Competition Law & Policy, Dept. of Economics - Siena University
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